Siamo abituati a vedere Darth Vader come uno spietato Signore dei Sith a servizio dell’Impero, senza però considerare la tristezza e la malinconia che si nascondono dietro la sua maschera. In questo articolo cercheremo, quindi, di non fermarci all’apparenza ma di scavare un po’ più a fondo, immedesimandoci in colui che fin da piccoli ci faceva tremare le gambe.
Partiamo dalla fine di Anakin Skywalker: il dolore, la paura e la sete di potere ne causano il passaggio al Lato Oscuro. Anakin così muore e dalle sue ceneri (scusa Ani) nasce Vader.
Cerchiamo, ora di vedere il lato positivo: le intenzioni di Anakin erano buone, non malvagie. Voleva solamente salvare Padmé, visto che ne aveva sognato la morte, sperando di riuscire dove aveva fallito con la madre. Sentendosi, però, rifiutato dai Jedi, che sentono in lui paura e dolore, si rivolge a Palpatine.
Colui che poi si rivelerà essere il Signore Oscuro dei Sith era riuscito a sedurre Anakin e a convincerlo che sarebbe stato in grado di ottenere un potere talmente grande da poter vincere la morte. L’ormai ex-Jedi, bramando il potere di Darth Plagueis, perde letteralmente tutto. Perde gli amici, come Ahsoka e Obi-Wan; perde le istituzioni che lo hanno cresciuto fin da piccolo, ossia l’Ordine Jedi e la Repubblica; perde l’amore della sua vita e crede pure di aver ucciso i suoi figli.

Cos’è rimasto a Vader? Niente. Solo il dolore e l’Impero, che diventa, quindi, la sua causa di vita.
Darth Vader prova molta sofferenza, fisica e non. La tuta significa dolore ad ogni movimento e ogni respiro è un macigno che gli ricorda quel duello con Obi-Wan; quando è su Mustafar, Vader si immerge in una vasca di Bacta, che, sì, gli fa provare sollievo dal dolore fisico, ma nulla può contro quello mentale. Nella vasca, Vader sente il dolore della perdita; non ha nessuno. È la seconda persona più importante dell’Impero eppure la sua solitudine è evidente e lo accompagna come un’ombra fino alla fine della sua vita, o quasi.
Fast forward fino a L’Impero Colpisce Ancora: Darth Vader scopre che Luke Skywalker è suo figlio e quando lo affronta gli offre l’unica cosa che ha: l’Impero. Luke rifiuta (c’è da dire che Vader gli aveva appena tagliato la mano, un pessimo inizio per le trattative) e, così, crede di aver perso ancora suo figlio.
Arriviamo a Il Ritorno dello Jedi, allo scontro finale in cui i due si sfidano di nuovo. Vader scopre di Leia (dopo aver fatto saltare Alderaan; Vader non è un bravo diplomatico) e poi Palpatine fulmina Luke.
Vader ha perso tutto, non ha più niente e nessuno. Non può perdere anche l’unica persona che vede del buono in lui. Non può perdere suo figlio, Luke. Non di nuovo. Vader, lì, muore, e Anakin salva Luke.
Anakin credeva di essere senza speranza ma l’amore verso il figlio gli permette di uccidere sia Vader che l’Imperatore, portando l’Equilibrio nella Forza.
Anakin, liberatosi dalla maschera che lo teneva in vita, metafora del dolore e della paura che lo avevano tenuto in vita per tutti questi anni, muore poco dopo. Luke è triste perché non è riuscito a salvarlo, ma non è vero: come dice suo padre, l’ha già fatto.
Non è Luke il Jedi che ritorna nel titolo di Episodio VI, ma Anakin Skywalker.